BARATTO AMMINISTRATIVO, STRUMENTO DI GIUSTIZIA SOCIALE

LATELLA SETTEMBRE 2015I comuni italiani sono sempre più orientati a fare ricorso all’istituto del baratto amministrativo per centrare due obiettivi: il recupero dei tributi locali e garantire interventi di decoro sul territorio. Le novità introdotte nel nostro ordinamento dal “Decreto Sblocca Italia” dello scorso anno, da qualche mese, sono entrate a pieno titolo nel dibattito politico nazionale e locale,  con toni, purtroppo,  che non si discostano da quelli che la politica riserva ai grandi temi come le riforme istituzionali. Il distinguo, la contrapposizione, la litigiosità tra e all’interno delle alleanze politiche, il freno della burocrazia  rallentano l’attuazione  di un provvedimento  che in altri paesi dell’Unione, come la Germania,  da tempo ormai produce importanti effetti  economici e sociali. E se i primi aiutano i bilanci degli enti territoriali, sempre più vittime dei tagli nei trasferimenti statali, i secondi, invece, evidenziano la dittatura fiscale, centrale e locale, che, al pari della mancanza di lavoro, provocano nuove  e irreversibili povertà.Il baratto amministrativo è la conseguenza del “processo violento” dell’aumento della tassazione e non già di una libera scelta da parte del cittadino, vittima delle responsabilità storiche di una classe  dirigente nazionale che, pur di ottenere il consenso, non ha badato a spese (pubbliche, ovviamente). Vent’anni fa nessuno avrebbe mai pensato a  questo tipo di baratto.  Oggi, invece, per certe fasce sociali, pena la loro sopravvivenza, la trasformazione del prodotto ( il lavoro) in puro valore di scambio ( il pagamento dei tributi locali) determina un cambiamento inedito nel rapporto tra Stato e cittadino: una metamorfosi  prodotta dalla  necessità di sopravvivenza.  O così, oppure bisogna fare i conti con Equitalia, il braccio armato di uno Stato sempre più vorace dal punto di vista fiscale.

Il baratto amministrativo è una forma  di giustizia sociale  che, in un momento di crisi, è  offerta a quanti –  penso ai pensionati sociali, alle famiglie di disoccupati, a chi  vive  nella fascia tra indigenza e povertà –  sono posti di fronte ad un bivio : o pagano i tributi locali rinunciando  finanche  alla frugalità del quotidiano,  oppure saltano il fosso per arruolarsi nell’esercito ( sempre vincente sullo Stato) degli evasori fiscali. E allora si fa di necessità “virtù civica”.Fin qui tutto bene, ma… non mancano certo i dubbi nel rapporto tra l’importo del tributo messo a ruolo e il corrispettivo del baratto sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo. Nelle scorse settimane diversi canali televisivi nazionali, con alcuni reportage, hanno fatto vedere cosa sta avvenendo in vari comuni italiani dove il baratto amministrativo è stato applicato dopo la sua istituzione.Tralasciamo l’analisi  sui toni del  dibattito che si è registrato e continua a  registrarsi  in seno ai consigli comunali impegnati nel varo dei regolamenti.   La nostra riflessione riguarda l’aspetto socio-culturale delle realtà geografiche, dove è offerta ai cittadini   la possibilità  di barattare il pagamento ( in percentuale o totale) di tasse comunali arretrate (Imu e Tari, in particolare) con l’impegno del singolo o di un gruppo ( previa presentazione di apposito progetto) a prestare la propria opera  per il  ripristino  delle aree a verde, di socializzazione  o, più in generale,  al mantenimento e al recupero del  decoro urbano.

Non è certo razzismo o pregiudizio se la nostra riflessione poggia il suo essere sulla comparazione antropologia e culturale tra il Nord e il Sud del Paese. Per far questo non intendiamo, assolutamente, scomodare Aristotele o Montesquieu e la loro teoria dei climi, tornare indietro nell’antichità o all’illuminismo francese, quanto, piuttosto, esprimere  il timore ( non è forse giustificato?) del ritorno  ai  modelli sociali   di assistenza camuffata dalla creazione di  posti di lavoro. Pensiamo al sistema della forestazione (calabrese e siciliana in particolare), a quello dei lavoratori LSU e LPU. Intere legioni di cittadini disoccupati, soprattutto del Mezzogiorno, che lo Stato assiste da alcuni decenni nel tentativo di stemperare la tensione sociale  dovuta alla mancanza di infrastrutture produttive e di occupazione vera  in grado di generare ricchezza  e far salire l’asticella del Pil territoriale nazionale.

Non  vorremmo – ecco il timore: nostro e di migliaia di italiani –  che il baratto amministrativo, presto diventi un’altra occasione per furbi, finti poveri o presunti nullatenenti.

Questo strumento di giustizia sociale, innanzitutto, deve garantire l’imparzialità  della pubblica amministrazione e  l’eguaglianza di tutti  gli italiani di  fronte all’imposizione fiscale: niente  privilegi o furberie,  dunque. In passato abbiamo letto e scritto  di forestali  proprietari  immobiliari, di LSU e LPU con fuoristrada e villa al mare, di  assistiti del SSN esentati dal ticket  nonostante le loro floride condizioni economiche, di finti braccianti agricoli che percepiscono il vitalizio INPS, la disoccupazione e l’indennità di malattia e di maternità. Abbiamo l’imbarazzo della scelta in un campionario, sempre aggiornato, nei settant’anni di Repubblica, ahinoi ridotta in brache di tela. Questo sistema, in prevalenza, è  attecchito in contesti  dove manca  una vera  cultura  dello Stato e del senso civico:  nelle società degradate  dove la politica, quella che baratta i privilegi  con i consensi,   è stata  sempre  disposta  a chiudere gli occhi agevolando  il  popolo  dei disonesti, dei galoppini e  quello degli amici degli amici. I primi esempi dimostrano la corretta applicazione delle finalità contenute nella legge: pensiamo al comune di Invorio ( Novara), di  Massarosa ( Lucca) e di Marcellinara ( Catanzaro).  Ma la vigilanza è un diritto – dovere  dello Stato e del cittadino.

Antonio Latella   – Giornalista e sociologo ( Presidente Dipartimento Calabria ANS)

 


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