750 ANNI DALLA NASCITA DI DANTE ALIGHIERI, RIFLESSIONI SUL SIGNIFICATO DELLA SUA COMMEDIA. DA INSEGNAMENTO ALL’UMANITÀ DEL SUO TEMPO A LECTIO MAGISTRALIS PER LE GENERAZIONI SUCCESSIVE
La Divina Commedia si realizza tutta su esperienze del poeta e dei suoi personaggi. Oggi per noi i problemi dell’epoca di Dante sono lontani ed in molti casi superati, ma l’umanità dantesca può essere termine di paragone e scuola di vita.
In essa c’è la visione delle miserie umane in preda a forti sentimenti e forti passioni. I temi del libero arbitrio, della condizione della donna, della giustizia , dei limiti della ragione umana, della dignità, sono argomenti i cui insegnamenti sono tutt’ora validi.
Quello di Dante è un viaggio per liberarsi della drammaticità del reale, un messaggio che indica agli uomini la via della salvezza. Egli dimostra, attraverso la rappresentazione delle pene che attendono gli uomini dopo la morte, che il peccato porta all’eterna sofferenza quindi li esorta ad agire illuminati da un’idea superiore che escluda ogni apprezzamento strumentale ed egoistico.
I dannati per i quali il poeta nutre più disprezzo, sono gli ignavi, individui indegni di pietà , proprio perché non ebbero in vita nessun ideale . L’ignavia è sempre stata ed è tutt’ora uno degli atteggiamenti più dannosi e disprezzabili sia sul piano morale individuale, sia su quello della responsabilità sociale. Essa indebolisce la struttura unitaria verso cui è spinto socialmente l’uomo e genera invece disimpegno , assenteismo, qualunquismo , avidità, cura per i propri interessi, proprio come ci appare oggi la società, ma principalmente la nostra classe politica inefficiente e corrotta, come evidenziano le recenti cronache, capace solo di creare nei cittadini sfiducia nello Stato e nelle sue strutture.
Nei versi “ e ‘l modo ancor m’offende” dedicati a Francesca da Rimini nel V canto dell’Inferno, Dante affronta il fenomeno delle violenze di genere: merce di scambio (in alleanze matrimoniali), stupro e femminicidio. Egli ci invita a riflettere sull’universalità e sulla contemporaneità del problema e sulla necessità di una battaglia culturale. Inoltre ci dimostra quanto avesse allargato i confini della sua mente; infatti il suo atteggiamento verso la donna è diverso dalla moda del suo tempo ; egli ne esalta l’intelligenza e la dignità e la immagina già, non più relegata al solo ruolo di moglie e madre ma proiettata nel campo del sapere , e se ne intravede tutta la sua gratitudine nei versi “ o donna in cui la mia speranza vige”.
Nel canto di Ulisse “ fatti non foste a viver come bruti/ ma per seguir virtute e conoscenza”, Dante, esalta l’uomo proteso verso il progresso: seguire le virtù per ampliare ed approfondire le proprie conoscenze è un modo per perfezionare la propria personalità e migliorare gli altri. Ma la società che viviamo tende purtroppo a soffocare ogni aspirazione umana. Non è ai limiti che ci vengono dall’alto che noi dobbiamo ribellarci, ma a quelle catene che noi stessi ci siamo costruite sotto la dura maschera dell’egoismo, dell’asocialità, dell’ incomunicabilità, dell’orgoglio ingiustificato di qualcosa che non si possiede.
Bisogna quindi dimenticare le parti, gli interessi, gli odi, le rivalità, non rimuovere le divisioni di un mondo già così diviso ma mirare al suo bene ultimo.
Daniela Benedetta Scarlato – sociologa ANS