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LA LEGGE ANTIBUFALE C’È GIÀ. BASTEREBBE APPLICARLA

Giampaolo LatellaL’intervista rilasciata al Financial Times dal presidente dell’Antitrust, Giovanni Pitruzzella, che si è occupato della “post verità” e delle bufale online, ha avuto il merito di attirare l’attenzione su un problema che costituisce una vera e propria emergenza. C’è un’apocalisse sul web ed è necessario discuterne con franchezza e soprattutto con serietà. Tralascio perciò le invettive di Beppe Grillo che ha evocato la Santa Inquisizione. Pitruzzella, a mio modo di vedere, è corretto nella fase di analisi ma non propone una soluzione adeguata ai tempi né praticabile. Ecco cosa ha detto il Garante della concorrenza e del mercato: “Contro la diffusione delle false notizie serve una rete di organismi nazionali indipendenti ma coordinata da Bruxelles e modellata sul sistema delle autorità per la tutela della concorrenza, capaci di identificare le bufale online che danneggiano l’interesse pubblico, rimuoverle dal web e nel caso imporre sanzioni a chi le mette in circolazione”.Il punto debole del ragionamento consiste in queste parole: “Capaci di identificare le bufale online”. Un’espressione infelice e scivolosa, perché il cuore del problema consiste proprio nella “identificazione” delle bufale: un’attività discrezionale nella quale si annidano potenziali rischi per la libertà di manifestazione del pensiero. Chi nominerebbe questi “organismi nazionali indipendenti”? E – riprendendo sempre le parole di Pitruzzella – come distinguere i testi che “danneggiano l’interesse pubblico” da quelli che invece non turberebbero la nostra società? Insomma, il problema esiste ma la soluzione non può essere questa. Oltre tutto, mi pare anacronistico imporre ingessature istituzionali in un contesto “fluido” e ontologicamente democratico come quello della Rete.

Tuttavia, e in questo condivido il pensiero di Pitruzzella, l’ordinamento non può non apprestare un rimedio che sanzioni chi diffonde notizie non vere e tuteli l’interesse pubblico a una corretta informazione. Rimedio che in realtà esiste: basta scorrere il codice penale che all’articolo 656 punisce la pubblicazione o diffusione di notizie false, esagerate o tendenziose, atte a turbare l’ordine pubblico. Il legislatore italiano ha previsto che chi metta in atto questa condotta, se il fatto non costituisce un più grave reato, venga punito con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a euro 309. Si osservi la sistematica: questa fattispecie è inserita tra le “contravvenzioni concernenti l’ordine pubblico e la pubblica tranquillità”.Lo scarso “peso” della sanzione corrisponde alla realtà del tempo in cui il codice Rocco venne redatto: l’azione di chi pubblicava o diffondeva notizie false, mediante un ciclostilato o il passaparola, aveva una portata lesiva molto limitata. Poteva allarmare un condominio o un quartiere. Oggi però la situazione è profondamente diversa perché Internet è entrato in tutte le case, anzi in tutti i cellulari. E una bufala “ben confezionata” rischia di generare sconquassi sociali, oltre a condizionare l’opinione pubblica e dunque l’attività politica.

PitruzzellaDi fronte a una realtà così profondamente mutata, secondo me non è necessario istituire nuovi organismi di “controllo”, espressione quest’ultima che evoca l’idea della censura.Basterebbe aggravare le sanzioni, trasformando la pubblicazione o diffusione (quindi, anche la condivisione sui social) di bufale in un reato punito pesantemente. Nel 2016 non può più essere considerata una semplice contravvenzione; anzi, il bene giuridico leso potrebbe essere addirittura la fede pubblica. Come nel caso della circolazione delle banconote o dei documenti falsi. Perché l’informazione, nell’era dei big data, è considerata una questione importante dai cittadini e la “post verità” è la peggiore forma di avvelenamento dell’opinione pubblica. Mi preme precisare come queste mie riflessioni non riguardino l’attività giornalistica, che come ogni professione ha una propria etica ed è già inserita in una cornice di norme penali, civili e deontologiche. Non voglio annoiarvi, a questo punto, con osservazioni trite e ritrite sul tema della certezza del diritto. Vi basti sapere che, in casi simili, considero quella pecuniaria l’unica sanzione efficace. Provate a immaginare se venisse comminata da una pubblica autorità (foss’anche la polizia municipale) una sanzione di mille euro per ogni notizia falsa e pericolosa pubblicata acriticamente sui nostri profili social: in poco tempo le uniche “bufale” a restare in circolazione sarebbero le mozzarelle.Ad ogni modo, per iniziare, anche i 309 euro previsti dall’attuale contravvenzione sarebbero un buon deterrente. E allora, ancora una volta, ci tocca prendere atto che le leggi ci sono ma non vengono applicate. Ci basterebbe osservarle per vivere in un posto migliore: quello che il nostro legislatore aveva in mente molto tempo prima di noi.

Giampaolo Latella

www.storiepositive.it


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